Viaggio in Perù. 3: L’offerta alla Pachamama

Il pomeriggio di domenica, il giorno successivo al nostro arrivo a Pisac, era prevista un’escursione alle rovine inca (Pisac Inca), situate in cima a una collina alta tre o quattrocento metri, alle spalle del villaggio. All’interno delle antiche rovine si sarebbe svolta una cerimonia di Despacho, l’offerta alla Pachamama, la Madre Terra, officiata dallo sciamano che ci avrebbe poi guidato anche a Machu Picchu.

La prima notte a Pisac era stata un po’ tormentata a causa del soroche. Nulla di grave, un fastidioso cerchio alla testa e un leggero senso di nausea che avevano reso il mio sonno intermittente, anche se poi già dopo colazione mi sentivo di nuovo in gran forma. La mattina io e la mia amica avevamo noleggiato un taxi per Cusco, dove speravamo di trovare le nostre valigie all’aeroporto, così come ci avevano assicurato la notte del nostro arrivo. Ma purtroppo all’aeroporto delle valigie non c’era ancora traccia.
In effetti avremmo dovuto chiamare prima per avere una conferma, ma i nostri cellulari non funzionavano (purtroppo le informazioni della Vodafone che avevo letto sul sito non erano esaustive, o io non le avevo lette abbastanza attentamente, ed essendo il mio vecchio cellulare ancora un dual band in Perù non poteva connettersi) e in ogni caso una telefonata in inglese per noi era comunque ancora complicata. Non eravamo riusciti a “fermare” l’organizzatore del gruppo per chiedergli un aiuto e così avevamo deciso comunque di fidarci che le valige ci sarebbero state e andare all’aeroporto, pur rinunciando alla prima escursione prevista per quella mattina. Ma come ho detto, all’aeroporto delle nostre valigie non sapevano nulla. Insomma, il tappeto volante continuava a viaggiare a singhiozzo. In ogni caso, anche il viaggio in auto tra Cusco e Pisac era suggestivo. Una strada in mezzo alle Ande che ogni tanto attraversava qualche piccolo paese. L’autista era cordiale, professionale e comunicativo (ero lo stesso che il giorno prima ci aveva prelevato a Cusco), perciò riuscimmo anche a imbastire qualche conversazione su svariati argomenti e ad apprendere qualche notizia di prima mano sulla situazione peruviana. Ogni tanto ci fermavamo per ammirare il panorama e scattare alcune foto. Ero in una terra affascinante e per me sconosciuta, e il mancato arrivo delle valigie era solo un piccolo contrattempo, sicuramente molto seccante ma che non sarebbe riuscito a rovinarmi l’umore e a impedirmi di godermi il viaggio.

Di pomeriggio con alcuni taxi  ci recammo all’ingresso di Pisac Inca. Dopo essere scesi dalle auto fummo accolti da una piccola folla di venditori di oggetti di artigianato, le donne nei coloratissimi abiti tradizionali. Comprammo qualcosa ed entrammo nel sito.
Fu in quell’occasione che ebbi il primo incontro con lo sciamano.
Nel mese precedente alla mia partenza una sera, mentre lavavo i piatti, si misero in contatto con me gli sciamani peruviani. Così funzionano le cosiddette “canalizzazioni”. Non è detto che per comunicare con le altre dimensioni sia necessario entrare in trance o sedersi a meditare. Talvolta le comunicazioni avvengono fluidamente anche nel corso delle normali attività della via quotidiana, come fare la spesa o, appunto, lavare i piatti. Spesso si tratta di momenti in cui una parte di noi è impegnata in qualche compito che possiamo svolgere quasi in automatico mentre la nostra mente può vagare liberamente senza problemi, o quando siamo immersi in qualche attività creativa, come la scrittura o la pittura, o magari la cura di un orto sinergico. In quei momenti una parte di noi è connessa con altre dimensioni e talvolta può recepire dei messaggi. Perciò non mi aveva minimamente stupito che gli sciamani peruviani scegliessero proprio quel momento per rispondere alla mia silenziosa richiesta. Mi senti ben accolto da parte loro. Mi dissero che erano informati del mio arrivo e mi aspettavano, che il mio viaggio aveva la loro benedizione e che sarei stato accolto dalle energie del Perù con la massima apertura e disponibilità. Questo dialogo mi aveva rassicurato molto, e ora finalmente stavo andando in un luogo di potere con la guida di uno di loro.

Le rovine di Pisac Inca erano splendide: maestose e cariche di energia. In più mi sentivo quasi a casa, perché molte cose di quel luogo mi ricordavano i siti megalitici della Sardegna, pur con tante diversità e su una scala enormemente più grande.
Lo sciamano ci fece visitare una parte del sito e poi ci condusse in una sala rettangolare coi muri di pietre in parte ancora intatti. In quel luogo avrebbe condotto la cerimonia di offerta alla Pachamama. Prima ci spiegò il suo punto di vista sul cambiamento di energia in atto sul pianeta. Disse che anche i messaggi di Machu Picchu da un po’ di tempo si erano ampliati introducendo nuovi elementi. Purtroppo, anche se il suo inglese era chiaro e molto comprensibile, il discorso era abbastanza complesso e lo capii solo a grandi linee. Lo sciamano precisò anche che la Pachamama non era in effetti, come normalmente si crede, la Terra, che ha un altro nome, ma aveva invece una dimensione molto più ampia, a quanto ho capito era la grande dea, la madre cosmica.
Prima di iniziare la cerimonia lo sciamano ci mise a nostro agio, ci disse che potevamo scattare fotografie e iniziò ad allestire l’offerta stendendo per terra un grande fazzoletto bianco sul quale prese a disporre con meticolosità e atteggiamenti rituali una serie di oggetti  – fiori, foglie, perline colorate, conchiglie e quant’altro – costruendo una sorta di mandala con la grande corolla di un fiore al centro. Ogni tanto recitava o cantava qualche formula.
Il cielo era coperto. L’aria fredda, ma un freddo non fastidioso, che aiutava a restare  desti e presenti. L’atmosfera era allegra e rilassata ma al contempo anche solenne. La preparazione dell’offerta durò a lungo, e nel frattempo entrammo, credo tutti i partecipanti alla cerimonia, in una più profonda sintonia con le energie del luogo, delle rovine di pietra, delle Ande. Verso la fine del rituale lo sciamano ci coinvolse, prima facendoci scegliere a turno tre foglie di coca (io provai a masticarne una, ma trovai il sapore troppo intenso per i miei gusti; nel mate mi piaceva di più perché era un po’ più stemperato), poi, alla fine del rito, dopo che aveva avvolto l’offerta nel fazzoletto, richiudendola in altri teli con grande cura, ci fece unire in gruppo assieme a lui per ringraziare tutti insieme per tre volte la Pachamama. Subito dopo alzammo gli occhi al cielo e vedemmo un mezzo arcobaleno che si stagliava sulle nuvole. Proprio in quel momento sopra di noi volò molto alto nel cielo un condor, uno degli animali sacri del Perù.

Io mi sentivo molto rilassato, in pace con me stesso, libero nell’universo. Avevo partecipato a un antichissimo rituale condotto con molta semplicità ma con grande sincerità. Quello sciamano mi piaceva molto, era molto alla mano, aveva un’energia pulita e leggera e trasmetteva un senso di rispetto e di fratellanza con gli altri esseri umani.
Dopo la cerimonia finimmo di visitare il sito e poi con un po’ di preoccupazione mi resi conto che non ci stavamo dirigendo all’entrata per ritornare a Pisac con i taxi ma che stavamo invece iniziando a piedi la discesa a valle, attraverso strette stradine e scalette di pietra che in molti punti erano a strapiombo sul vuoto. Io soffro di vertigini anche da altezze molto minori. Se mi affaccio alla finestra del terzo piano della casa dei miei mi devo tenere al parapetto per non avere l’impressione di poter cadere.
Lì le stradine erano abbastanza larghe da permettere il passaggio di due persone, ma non avevano il parapetto e in alcuni punti costeggiavano dirupi molto alti.
Nonostante questo, complice l’atmosfera e le benevole energie del luogo, riuscii a non farmi impressionare. Per sicurezza mi misi subito dietro lo sciamano per essere sicuro di non perdere la strada e per poter seguire la sua fluidità nel camminare, e mi godetti la discesa in quello scenario da sogno. Nel giro di una mezz’ora, quando ormai era buio, arrivammo nella piazza di Pisac e da lì decidemmo di prendere dei taxi – i motocicli a tre ruote, più economici dei taxi veri e propri ma che per il breve tragitto che dovevamo fare andava benissimo – per tornare al residence.

Dopo cena trovai un po’ di tempo per scrivere qualche mail a famigliari e amici per rassicurarli sul mio arrivo e metterli al corrente delle vicissitudini del viaggio di andata. Il cellulare non funzionava, ma per fortuna avevo comprato un tablet per l’occasione e nel ristorante del residence, che era anche una sala di soggiorno, c’era una connessione wi-fi, per quanto molto lenta. Così non ero totalmente tagliato fuori dal resto del mondo.
Mi sentivo molto bene. L’altitudine non mi stava causando problemi ed ero riuscito a vincere almeno in quell’occasione la mia fobia delle altezze, concludendo nel migliore dei modi una serata magica. Ero anche molto orgoglioso del mio corpo, che si stava comportando benissimo, e lo ringraziai mentre ci concedevamo il beneficio di un meritato riposo.
La sera del giorno dopo era in programma la prima cerimonia con l’Ayahuasca.

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