Incontri ravvicinati

The Inner Universe (L’Universo Interiore) – James Mahu, 2023

Fin da ragazzino sono stato affascinato da tutto ciò che riguardava l’esistenza di civiltà extraterrestri e il contatto tra loro e l’umanità. Da adolescente ho divorato parecchi libri di Peter Kolosimo che è stato uno dei primi, almeno in Italia, a divulgare negli anni settanta la cosiddetta teoria degli Antichi Astronauti che sostiene, sulla base di molte evidenze storiche e archeologiche, che in tempi molto antichi popolazioni extraterrestri più evolute di noi abbiano contribuito alla creazione di tante civiltà sul pianeta e alla nostra evoluzione come specie.

Il mio più grande desiderio era quello di vedere un astronave o addirittura di avere un contatto diretto con un essere extraterrestre, ma la mia visione della realtà era molto limitata e pensavo che questo contatto potesse avvenire solo nella realtà fisica. Poi, nel corso degli anni ho dovuto ampliare la mia comprensione. I libri di John Mack  – psichiatra statunitense che fino alla sua morte è stato professore alla Harvard Medical School, – in particolare “Rapiti! Incontri con gli alieni”, mi hanno fatto capire che gli incontri tra esseri umani e extraterrestri si svolgono su più piani dimensionali e non sempre comprendono anche il piano materiale terrestre. Nel mentre avevo iniziato un percorso di esplorazione e di scoperta di altre dimensioni della coscienza e in poche parole sono arrivato alla conclusione che, come ogni cosa, il contatto con gli esseri di altre civiltà della nostra Galassia, che io chiamo Stellari, avviene prima di tutto nella nostra interiorità. Da lì è possibile entrare in contatto e in comunicazione su un piano non fisico. Nella materia spesso arrivano però dei segnali, dei segni che confermano la loro presenza.

Gli antichi sardi conoscevano l’arte del galazzone (o galazzoni o calatzonis), uno stato di profonda meditazione e di ascolto che permetteva di accedere liberamente ai mondi sottili e comunicare con quelle civiltà extraterrestri che in qualche modo si trovavano in risonanza con la popolazione sarda e con la terra da essa abitata. La comunicazione con gli extraterrestri parte dall’ascolto di noi stessi, lasciando che la mente si quieti e rasserenandola noi se necessario. Così attiviamo il contatto e il messaggio può arrivare. Non necessariamente il messaggio ha un contenuto logico che possa essere espresso in parole nella nostra mente. Spesso si tratta di sensazioni, della percezione di un’energia che ci abbraccia, dell’emozione di essere in presenza di un fratello o di una sorella che rincontriamo dopo una lunga separazione, che ci pervade anche se i nostri sensi fisici non percepiscono nulla.. Ognuno di noi ha delle modalità specifiche per comunicare. L’unica cosa che veramente conta è il sentire del cuore. Il cuore sa quando il contatto è reale o quando è annebbiato dalle interferenze della nostra mente. Perciò va ascoltato il cuore e ad esso conviene affidarsi.

I luoghi naturali e i vari santuari costruiti dagli antichi (che in Sardegna sono fortunatamente numerosissimi) aiutano la comunicazione con le loro frequenze. E ognuno di noi può individuare alcuni luoghi in cui si sente più aperto e ricettivo al contatto. L’osservazione di un cielo stellato in un luogo privo di inquinamento luminoso può facilitare il contatto, se si resta centrati nel proprio cuore senza aspettarsi particolari fenomeni luminosi in cielo. Le stelle ci sono e ci parlano.

Un numero crescente di persone sta aprendo il cuore e la mente a questi contatti e in questo modo avvicineremo il momento in cui sarà possibile fare ritorno nella sorellanza stellare di cui facciamo parte e da cui per troppo tempo siamo stati separati.

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