Il maschile e il femminile: la visione nuragica

Sasha Drutskoy – The Visitor

Nel gioco del maschile e del femminile si sono nascosti squilibri di potere che hanno cementificato forme vibratorie differenti in stereotipi di sopraffazione e vittimismo. Questo ha reso difficile padroneggiare la nostra cultura originaria. In principio lo scambio con tutte le cose aveva una qualità femminile. È difficile parlare senza entrare nel linguaggio della manipolazione, ma ciò che oggi chiamate femminile era l’aspetto osmotico della cultura che si muoveva nella direzione del piano orizzontale. Poiché le coordinate spaziali permeano la cultura del corpo occorre parlare in termini spaziali per comprenderci. Così tutto ciò che c’è intorno si incontrava in un aspetto osmotico che poi è stato detto femminile. Mentre la molteplicità delle dimensioni nel suo aspetto interiore del salire — neanche questo termine è corretto, ma spazialmente potrebbe essere definito così — è stato detto poi maschile. E su questi due modi di portare avanti la sperimentazione degli eventi e lo scambio con tutto ciò che è, è stato fatto il grande plagio della manipolazione e si sono strutturati rigidamente i due archetipi della sopraffazione e del vittimismo. E così si è perso il contatto con le parti vitali di un maschile e un femminile che non erano delle differenze degli organi genitali ma erano due diversi modi di fare relazione con tutto ciò che è. Ogni essere, non condizionato dai propri genitali e dalla propria fisicità, sceglieva invece sulle proprie risonanze interiori il modo con cui voleva sperimentare gli eventi e ciò di cui si voleva occupare nel maschile e femminile spaziotemporale come ho detto prima. Questo dava mansioni differenti a ciascuno, e non c’era una sopraffazione in questo. Nessuna prevaricazione. Ma ognuno sulla base delle proprie inclinazioni sceglieva ciò di cui si voleva occupare e lo faceva negli eventi temporali che gli erano necessari per farne una buona esperienza. E poi questo naturalmente poteva cambiare nei modi e nelle forme, che sempre venivano scelti.
Avete bisogno di lasciar perdere la genitalità che ingabbia il vostro cervello in schemi di sopraffazione e vittimismo senza nessuna utilità, e lasciare invece spazio alla consapevolezza di queste memorie che vi appartengono nei tempi contemporanei in cui li sperimentate. Perché l’esperienza e la saggezza che ne deriva sono tutto ciò di cui avete bisogno adesso. L’apparente consequenzialità del tempo chiude le vostre consapevolezze tra un prima e un dopo, in un presente che non si allarga, e così non potete cogliere la totalità che c’è. Per uscire da questa limitatezza bisogna aprirsi a qualche cosa che va oltre la linearità del tempo, ed è la totalità dei tempi in cui esistete in più forme contemporaneamente. Questo arricchisce la vostra esperienza di quelle qualità a cui altrimenti non avete accesso.
La molteplicità del tempo è uno stato dell’essere. È un esistere privi dei limiti della sequenzialità, che appartiene a quell’esistere e ne è un aspetto. Non c’è un posto dove andare o una cosa da fare, ma un esistere che si permette tutta la sua totalità. Potete riappropriarvene con un salto dell’essere a cui occorre soltanto aprirsi, senza poter dire come. Lo sforzo interiore che fate per comprendere questo vi porta lì.

L’Anima sarda (dal mio libro Voci dal non tempo)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.