Viaggio in Perù. 9: Verso Machu Picchu

A metà mattina lasciammo il residence di Pisac e ci avviammo in auto verso Cusco. Era la quarta volta che ci andavo, ma quelle precedenti mi ero limitato ad attraversarla in auto per andare all’aeroporto. Questa volta invece ero al centro di Cusco  — il nostro albergo, il Marqueses, un’ex residenza coloniale di qualche notabile, era a pochi minuti da Plaza de Armas — e il pomeriggio e parte della mattina successiva erano dedicati alla visita della città, davvero splendida.
Il giorno dopo, sulla strada verso Ollantaytambo — una delle stazioni da cui è possibile prendere il treno per Aguas Calientes (Machu Picchu Pueblo) — ci fermammo in una trattoria all’aperto per il pranzo. La giornata era soleggiata, il pranzo a buffet buono e abbondante, un gruppo musicale allietava l’ambiente, ma io ormai ero proiettato verso Machu Picchu e non vedevo l’ora di salire sul treno.
Nel pomeriggio, dalla stazione di Ollantaytambo ci imbarcammo sul Vistadome, uno dei treni per Machu Picchu, con ampi finestrini e parte del tetto in vetro che permette di godere gli splendidi scenari naturali che il treno attraversa nel suo viaggio. Dopo circa un’ora e mezzo arrivammo ad Aguas Calientes, che prende il nome dalle sue acque termali (il suo nome ufficiale è Machu Picchu Pueblo). Appena arrivati ci sistemammo nella locanda — piuttosto rustica — gestita dallo sciamano che ci aveva accompagnato alle rovine di Pisac Inca e che l’indomani ci avrebbe guidato a Machu Picchu. Il grosso del gruppo decise di andare alle terme, ma era ormai quasi buio, la serata era freddina e perciò io e la mia amica preferimmo rinunciare e fare invece un giretto per il villaggio, non particolarmente bello, avendo principalmente la funzione di luogo di sosta obbligato per i milioni di turisti che annualmente si recano a Machu Picchu, ma comunque suggestivo grazie al fiume Urubamba che lo attraversa scendendo a valle. Il rumore del fiume ti accompagna dovunque tu vada, ventiquattrore su ventiquattro, e la nostra locanda era proprio a un passo dal fiume.
Prima di cena ci fu una riunione con lo sciamano in preparazione della cerimonia col San Pedro del giorno successivo. Alla fine della riunione io e la mia amica ci avvicinammo allo sciamano per spiegargli che non avevamo intenzione di prendere il San Pedro ma avremmo voluto comunque partecipare assieme agli altri alla cerimonia. Gli spiegammo la cattiva esperienza che avevamo avuto con l’ayahuasca che ci aveva dissuaso dal continuare il percorso con le piante maestre. Lo sciamano fu molto comprensivo. Ci spiegò che secondo lui la cerimonia col San Pedro avrebbe potuto aiutarci a riequilibrare l’esperienza con l’ayahuasca. Disse che in ogni caso non c’erano problemi a partecipare comunque alla cerimonia, ma ci chiese di rimandare la decisione al giorno dopo. Ci invitò ad entrare in risonanza con il luogo, di ascoltare il fiume. Spiegò che la mattina dopo prima della cerimonia avremmo girato per un paio d’ore a Machu Picchu e che forse alla fine avremmo deciso di partecipare. Mi parve convinto che se fossimo riusciti ad entrare in profondo contatto con Machu Picchu avremmo superato le nostre resistenze e avremmo deciso di prendere il San Pedro.
Sulle prime decisi di seguire i suoi consigli e aspettare il giorno dopo per decidere. E devo dire che una parte di me si stava quasi convincendo a fare quell’esperienza. In fondo era un’occasione più unica che rara, e io istintivamente mi sentivo molto più in sintonia con il san Pedro — che è una pianta maschile — che con l’ayahuasca. Avevo l’impressione che quella volta il “viaggio” sarebbe andato bene e mi avrebbe permesso di entrare in un contatto più profondo con lo spirito di Machu Picchu e degli Apu.
La mia amica per fortuna riuscì velocemente a farmi cambiare idea. Lei non aveva il minimo dubbio che non fosse il caso di rischiare, ed era terrorizzata all’idea di vedermi nuovamente perdere il controllo di me stesso e stare male come nel corso del mio “Ayahuasca Horror Tour”. Per di più appena due giorni dopo dovevamo intraprendere il lungo viaggio di ritorno in Italia, e se il mio malessere fosse durato anche dopo la cerimonia sarebbe stato un viaggio di ritorno terrificante per entrambi.
Oltre queste considerazioni, pensai che se anche la cerimonia col San Pedro fosse andata male, cosa non impossibile, mi sarei rovinato irrimediabilmente la giornata a Machu Picchu, che era lo scopo principale del mio viaggio. Pensai anche che ormai da cinque anni mi ero allenato ad entrare in risonanza coi luoghi di potere nei siti nuragici della Sardegna e a comunicare con loro, e che perciò non avevo alcun bisogno di una sostanza esterna, seppur sacra come il San Pedro, per godermi la visita a Machu Picchu. Questi pensieri mi permisero di dissipare qualunque dubbio. Decisi che non avrei preso il San Pedro, e la mia amica si tranquillizzò.
Cenammo in una piccola trattoria dove ci rifilarono una zuppa di verdure in busta, neanche di buona qualità, e dopo un breve giro per il villaggio, molto animato da turisti e residenti, tornammo alla locanda e andammo a dormire. La mattina dopo la sveglia era prevista molto presto.

Io e la mia amica avevamo deciso di prendere il bus per arrivare a Machu Picchu, mentre la maggior parte degli altri aveva intenzione di salire a piedi. Salita non particolarmente difficile ma lunga e faticosa. Un po’ troppo per noi, tanto più a quelle altitudini. Verso le sei e mezzo, quando ancora era buio, eravamo al punto di partenza dei bus. Alla biglietteria c’era una lunga coda, ma i bus partivano ogni dieci minuti (praticamente non appena se ne riempiva uno) e perciò non dovemmo aspettare molto. Il tragitto in bus era ancora più suggestivo del percorso in treno ma anche più inquietante. La strada sterrata, per lunghi tratti a strapiombo sul vuoto, procedeva a zig zag risalendo per i più di 400 metri di altezza che separano Aguas Calientes da Machu Picchu. Per la maggior parte del percorso la strada permetteva il passaggio di un unico bus, e perciò quando incontravamo i numerosi bus che scendevano in senso opposto, l’autista doveva tornare a marcia indietro fino al primo slargo e parcheggiarsi sul ciglio esterno della strada per lasciar passare l’altro bus. Ma tutto questo non mi impressionò minimamente. Ero semplicemente emozionato e felice di essere finalmente arrivato, di essere a un passo dall’immergermi nel cuore della Terra.

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