Pietre sacre

Pozzo Sacro Su Tempiesu (Orune) – Particolare

«Molte civiltà hanno affidato i loro dati alla pietra. I popoli antichi costruirono templi e strutture megalitiche in luoghi particolari, per utilizzare l’accumulo di energia prodotta dai loro vortici naturali. I costruttori usavano la geomanzia naturale e i flussi di energia di una località per registrare la totalità della loro conoscenza su ogni pietra della costruzione. L’informazione era conservata nelle pietre e nelle ossa, dato che le pietre sono le ossa della Terra. Quando visitate gli antichi luoghi sacri, quelli che chiamate luoghi di potere, sperimentate formule elettromagnetiche lasciate sul luogo migliaia di anni fa per elevare la conoscenza. Recandovi in uno di questi luoghi esponete il vostro corpo alle sue energie, le raccogliete e ottenete accesso a programmi che vi permettono di evolvervi. Ciascuno di questi luoghi ha una particolarità. Le pietre sono poste in una configurazione specifica che usa la luce come chiave per attivare energie stellari sulla Terra, rendendo possibile uno scambio di informazioni attraverso una connessione esseri umani-Terra-stelle. I luoghi sacri, quindi, possono essere attivati da individui che usano le loro proprie chiavi di coscienza per aprirli, ricordando la conoscenza che vi è conservata e vissuta. Quando andate nei luoghi sacri e deliberatamente immaginate i vostri chakra come porte di energia che aprono le vostre memorie personali, attivate questi siti. L’immaginazione è la più potente forza a disposizione degli esseri umani. I popoli antichi avevano la capacità di sentire l’abbondanza di energia di questi luoghi dove le linee di energia facevano convergere le loro forze e dove avveniva un incontro di altre dimensioni e mondi. Ogni volta che visitate un luogo sacro inducete una sua accelerazione e attivazione.»

Questo è quello che sui siti megalitici spiegano i Pleiadiani, canalizzati da Barbara Marciniak nel suo libro Earth (purtroppo non più in commercio: io ne ho trovato fortunosamente un’ultima copia su ebay). E la mia esperienza conferma quanto essi dicono. Ho la fortuna di essere nato e di vivere in un’isola che millenni fa (e sospetto che la cronologia dell’archeologia ufficiale vada retrodatata di parecchio!) ha ospitato una delle civiltà megalitiche spiritualmente più evolute del pianeta, anche se purtroppo ancora in gran parte misconosciuta. In Sardegna, in una superficie di poco più di 24.000 km², sono stati censiti circa 8.000 nuraghi (uno ogni 3 km²), per non parlare delle centinaia di altre strutture megalitiche, tra tombe dei giganti, pozzi sacri, domus de janas, dolmen, menhir e villaggi nuragici. Buona parte di essi sono situati in luoghi naturali di toccante bellezza.
Purtroppo, a differenza di quanto accaduto per altre civiltà megalitiche, le conoscenze e la saggezza degli antichi nuragici sono andate apparentemente perdute. Solo una piccola parte è stata tramandata oralmente attraverso i secoli (ed è stata raccolta e sistematizzata in forma narrativa da Raimondo Demuro nei suoi “contos de sa Nuraxia”). E questa tradizione orale racconta di una grande conoscenza astronomica dei nuragici, e dei loro continui contatti e scambi con esseri provenienti da altri pianeti e da altre dimensioni. Le strutture megalitiche avevano appunto il compito di rendere possibili questi contatti. Poi la civiltà nuragica, pacifica e armoniosa, si è deteriorata, così come tante altre; la sua saggezza è andata perduta, le “macchine megalitiche” hanno smesso di funzionare, e la storia dei sardi è diventata la storia — che purtroppo dura ancora oggi — di un popolo sottovalutato, vessato e sfruttato, che per conservare almeno in parte la propria identità e la propria cultura ha dovuto opporre una resistenza ostinata e passiva, cadendo così nel vittimismo e nella rassegnazione, e nella rabbia.

Devo confessare che pur essendo sempre stato orgoglioso delle radici millenarie della mia civiltà, fino all’età di cinquant’anni avevo visto molto poco degli imponenti resti del megalitismo nuragico. Giusto il nuraghe di Barumini — il più famoso, anche perché è stato iscritto nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco — e qualche tomba dei giganti nelle vicinanze di Cagliari. Ma all’inizio del 2007 le mie guide incorporee mi hanno aperto una nuova prospettiva. Mi hanno spiegato che i luoghi non sono esseri inanimati a disposizione degli umani, come questi ultimi arrogantemente credono. I luoghi sono esseri con una loro coscienza, una loro volontà, una loro saggezza e una loro memoria. E mi dissero che avrei dovuto imparare a comunicare con loro, perché questo avrebbe agevolato l’ampliamento della mia coscienza. Perciò da allora appena posso vado in giro in tutta la Sardegna a visitare i luoghi naturali e in particolare, com’è ovvio, quelli che ospitano i resti delle strutture megalitiche. E ho visitato in cinque anni decine di siti nuragici e prenuragici.
All’inizio ero imbarazzato. Non avevo la minima idea di come “comunicare” coi luoghi, e mi sentivo a disagio. Poi, lasciando da parte qualunque tentativo di “fare” o di “capire”, mi sono messo “in ascolto”, lasciandomi andare alle sensazioni, all’intuizione, all’immaginazione. E le pietre hanno iniziato a parlare, trasmettendomi la loro conoscenza, aiutandomi a dischiudere memorie occultate da millenni, permettendomi di ricordare alcune identità della mia coscienza che hanno vissuto ai tempi dei nuraghi.
Ho ritrovato i fratelli e le sorelle di pietra con cui ho condiviso in tempi lontanissimi esperienze e conoscenze, rituali e viaggi interdimensionali. E l’amore reciproco che ho sentito comunicando con loro ha curato il mio spirito — e il mio corpo — come un miracoloso elisir.

Come precisano i Pleiadiani — ma prima che leggessi i loro messaggi le pietre stesse me lo avevano già spiegato — ogni volta che si visita un luogo sacro si induce una sua attivazione e un’accelerazione delle sue energie. Nell’universo non c’è mai uno scambio a senso unico. Sempre si dà e si riceve contemporaneamente. Perciò, visitando un sito megalitico, io ricevo amore, equilibrio, conoscenza, energia. E l’aspetto quantico del mio DNA si riattiva. Ma allo stesso tempo, con la mia presenza, la mia energia, la mia intenzione, il mio rispetto e il mio amore aiuto quel luogo a riattivarsi, a potenziare le sue energie, a riaprire i propri canali di comunicazione e la propria memoria.
Chiunque visiti un sito nuragico con apertura, e col rispetto che gli è dovuto, percepisce che le macchine megalitiche si stanno risvegliando e riattivando. E in questo modo contribuiscono al risveglio e alla guarigione della Sardegna e del popolo che la abita (e di conseguenza al risveglio e alla guarigione dell’intero pianeta).
All’inizio dell’anno ho visitato, per la seconda volta, le domus de janas di Montessu, a Villaperuccio, nel cuore del Sulcis. Si tratta di una delle più grandi necropoli prenuragiche della Sardegna, e alcune delle domus che vi si trovano sono dei veri e propri santuari scavati nella roccia. Per l’archeologia ufficiale le domus de janas sono delle tombe, dato che indubitabilmente sono state usate in passato anche a questo scopo, come dimostrato dai vari ritrovamenti di scheletri e sepolture. Ma originariamente erano dei luoghi sacri destinati, tra l’altro, ai rituali di incubazione, e tuttora possono essere utilizzati in questo modo. Se ci si raccoglie in meditazione, possibilmente sdraiati, all’interno di una di esse, la sua energia permette di mettersi rapidamente in contatto con altre dimensioni della coscienza e di collegarsi al proprio sé superiore (o alla propria anima, per chi preferisce usare questo termine).
A Montessu, all’interno di una delle cosiddette “tombe santuario”, mi sono sdraiato, sono entrato in meditazione e ho vissuto un’esperienza molto intensa. L’energia era davvero potente, percepivo come se la domus fosse una sorta di motore energetico che emanava un’intensa luce bianca. «Questo è il cuore di Dio nel Sulcis,» mi è stato detto. «Ora si sta riattivando e potrà cambiare il destino di questa regione. Hai fatto bene a venire. La tua energia mi aiuta, ed è bene che vengano più spesso possibile persone che condividono la tua consapevolezza e la tua intenzione.»
Tra le zone della Sardegna (e d’Italia) il Sulcis è una delle più povere e più depresse, economicamente e non solo. Sicuramente in questi giorni di crisi economica è una delle più disperate. Ma nel 2012 finalmente i sulcitani hanno iniziato a reagire, si sono attivati, stanno facendo sentire la loro voce. Fino a ieri credo che in Italia quasi nessuno conoscesse l’esistenza del Sulcis. Quest’anno non passa giorno senza che qualche TG nazionale parli dei loro problemi e delle loro lotte. Mi auguro di cuore che i lavoratori del Sulcis e le loro famiglie abbiano  al più presto la possibilità di continuare la loro vita e di portare avanti i loro progetti e le loro speranze con dignità e con la necessaria sicurezza economica, anche se non credo che il futuro del Sulcis dipenda dall’Alcoa o dalle miniere. In ogni caso qualcosa si è mosso, l’energia ha ripreso a fluire. E questo è un buon segno e nel tempo porterà frutti.

Sabato scorso sono andato con due amiche a visitare il pozzo sacro di Su tempiesu, a Orune, un gioiello di architettura megalitica. Il pozzo è ancora attivo, riempito dall’acqua di una sorgente viva, un acqua limpidissima e fresca che mi ha rigenerato.
Poi nel pomeriggio siamo andati al villaggio nuragico di Su Romanzesu, vicino a Bitti, che conoscevo già perché nel ferragosto di due anni fa avevo partecipato a un bivacco notturno che si era svolto lì. È un luogo di pace e armonia. In un fitto bosco di sughere ci sono i resti ben conservati di numerose capanne nuragiche, due tempietti a megaron, un pozzo sacro unico nel suo genere, con un lungo corridoio di accesso preceduto da un ampio anfiteatro a gradoni, e il cosiddetto “labirinto”, una struttura circolare di pietre concentriche con andamento labirintico che porta verso il centro. Non c’erano altri visitatori e perciò abbiamo potuto goderci il villaggio nella calma e nel silenzio, prendendoci tutto il tempo necessario per assaporare l’atmosfera e compiere i nostri rituali e le nostre meditazioni.
Abbiamo lasciato per ultimo il labirinto, dove abbiamo condotto un semplice rituale prima di accedere alle pietre centrali, un portale energetico ancora attivo e vibrante. Per uscire, mentre le mie amiche ultimavano la loro meditazione, ho compiuto un tragitto a spirale in senso inverso a quello fatto per entrare, così da tornare gradualmente alla mia abituale dimensione di coscienza. A pochi metri dall’uscita del labirinto mi si è parato dinnanzi un grande scarabeo nero e lucido che ha continuato a camminare davanti e me come se volesse scortarmi. Era impossibile non notarlo, perciò ho rallentato per accordare il mio passo al ritmo della sua andatura.

Mi sono ricordato di un viaggio sciamanico fatto diversi anni fa, in uno dei tanti laboratori della scuola torinese di ipnosi dove mi sono formato come counsellor. Lo scopo del viaggio era andare nel “mondo di sotto” per incontrare il proprio animale guida. All’inizio del viaggio bisognava trovare un punto d’accesso al mondo di sotto: un tunnel, un fosso, un buco o quant’altro.
Non appena il ritmo del tamburo sciamanico mi aveva fatto entrare nello stato di coscienza adeguato, e prima ancora di accedere al mondo di sotto, mi si era presentata davanti allo sguardo interiore l’immagine di uno scarabeo. Sul momento non ero riuscito a reprimere un moto di delusione. Come animale guida mi aspettavo una pantera, o un aquila, o qualche altro animale maestoso e imponente. Nel mio inconsapevole razzismo specista lo scarabeo mi era sembrato in quel momento un animale troppo umile e dimesso. Poi mi ero ricordato che per gli antichi egizi lo scarabeo era una divinità (veniva venerato come Kephri, il dio che ogni mattina spinge il sole, Ra, fuori dall’oltretomba, e per questo rappresenta anche la trasformazione che l’uomo subisce nella morte e nella successiva rinascita). Perciò mi ero rasserenato. Ma ben presto mi ero reso conto che lo scarabeo non era il mio animale guida, ed era bensì comparso solo per permettermi l’accesso al mondo di sotto. Mi aveva infatti guidato fino a una piccola buca nel terreno, e da lì ero potuto entrare nel mondo di sotto e incontrare il mio animale guida, che allora era la pantera nera dagli occhi gialli (animale che si sarebbe poi manifestato nella mia realtà materiale in dimensioni ridotte nella forma di Nero, il mio gatto nero con gli occhi gialli).
Ora, a Su Romanzesu, lo scarabeo di certo era arrivato per scortarmi sano e salvo nella mia abituale realtà, dopo il viaggio interdimensionale attraverso il labirinto. Mi ha guidato per un pezzetto di strada, ha aspettato che venissi raggiunto dalle mie amiche e poi si è fatto da parte per lasciarci passare.
Dopo essere usciti dal labirinto siamo tornati a salutare il pozzo sacro e poi siamo andati via, soddisfatti e arricchiti dalle magiche esperienze di quella giornata, ma anche con un po’ di tristezza, come quando ci si separa da una persona cara che non rivedremo per un po’.

Pietre sacre. Fratelli e sorelle nell’eternità. Grazie di avere custodito e conservato amorevolmente nel corso dei millenni l’energia e la memoria della radiosa civiltà nuragica.

2 Risposte a “Pietre sacre”

  1. seduto di fronte al mio computer , grazie al tuo racconto, ho potuto
    sentire e “ricordare” quante volte le pietre hanno generosamente
    inondato di energia la mia vita. sarebbe bello un giorno trovare il tempo per fare loro una visita assieme.
    un abbraccio!

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