La preparazione del terreno

WingMakers – Dipinto della camera 4 del sito Hakomi
WingMakers – Dipinto della camera 4 del sito Hakomi

Siamo arrivati a dicembre ed è un buon momento per fare un primo bilancio dell’anno che sta per finire. Il 2015 è stato un anno molto difficile, impegnativo, a tratti estremamente doloroso, sia a livello individuale (credo per molti, per me sicuramente) sia a livello collettivo (basta pensare ai recenti fatti di Parigi e ai venti di guerra che stanno soffiando sempre più forti su tutto il pianeta).
Ma più profondamente è stato un anno di grande cambiamento. Un cambiamento nell’intimo del proprio essere, e proprio perciò poco visibile. Siamo spinti verso un “salto quantico” che esige che ci lasciamo alle spalle tutto ciò che non è compatibile con le frequenze elevate delle nuove energie che sempre più prepotentemente stanno inondando il pianeta.
Negli ultimi post pubblicati su questo blog (ormai tre mesi fa, e mi scuso con gli “aficionados” per questo lungo silenzio) avevo parlato di una mia profonda crisi, durata quasi un mese, che mi aveva portato a mettere in dubbio tutte le mie convinzioni e il senso stesso del percorso spirituale in cui da anni mi sono inoltrato. L’energia dell’arcangelo Michele e le sue concise ma illuminanti spiegazioni sul dilemma che stavo attraversando mi avevano aiutato a superare quel difficile momento, e devo dire che da allora la mia vita – pur con ulteriori momenti di difficoltà e di disagio − ha ripreso slancio, entusiasmo e anche e soprattutto leggerezza.
Innanzitutto, per me ora è molto più chiaro il significato e l’importanza di quel che mi è successo, e mi sto impegnando attivamente a compiere i passi necessari per portare il “gioco” al livello successivo.
Se dovessi dare un titolo al mio 2015 e agli eventi interiori ed esteriori di cui sono stato protagonista, questo sarebbe “la preparazione del terreno”.
Tra i tanti articoli trovati su internet sulla preparazione del terreno per la semina, ho trovato alcune definizioni che mi sembrano adatte a quel che voglio dire: «Prima di porre a dimora le sementi del prato è bene preparare il terreno, in modo che le giovani piantine possano svilupparsi al meglio e crescere rapidamente. È fondamentale che il terreno sia soffice, ricco e ben permeabile; prima di lavorarlo estirpiamo eventuali erbacce o il prato precedente. Procediamo lavorando a fondo il terreno e rivoltandolo. Dopo averlo lavorato procediamo alla semina, scegliendo sementi di ottima qualità.»
La prima fase è dunque estirpare eventuali erbacce e il prato precedente. Fuor di metafora, questo corrisponde a liberarsi di tutto ciò che non è compatibile con le nuove frequenze: le nostre vecchie identità, le sofferenze e i rimpianti del passato, i pregiudizi e gli eventuali rancori che ancora nutriamo verso qualcuno o verso la vita in generale. Vuol dire anche avere il coraggio di mettere in discussione, e se necessario abbandonare, le nostre convinzioni – anche quelle più radicate − e i vari sistemi di credenza su cui ci siamo basati fino ad oggi.
Tutto ciò ovviamente non è affatto facile, anzi, direi proprio che è molto difficile. In linea di massima si può dire che quella che consideriamo essere la nostra identità, nel bene e nel male è in gran parte basata sulla nostra storia passata. Essendo imprigionati nella nostra visione lineare di un tempo unico che scorre inesorabilmente e irreversibilmente dal passato al futuro, crediamo che la nostra storia sia immodificabile e che ci definisca univocamente. Inoltre, pur magari credendo nell’esistenza di un’anima immortale, ci identifichiamo quasi totalmente con la nostra attuale identità umana, quella che potremmo definire “ego-personalità”. Abbandonare il nostro passato corrisponde perciò in qualche modo ad accettare lo sgretolamento della nostra identità, è una sorta di morte. E spesso per evitare questa morte preferiamo continuare a tenerci le nostre frustrazioni e le nostre sofferenze, i nostri difetti e le nostre limitazioni. Di conseguenza restiamo intrappolati in un labirinto senza via d’uscita.
La soluzione, per quella che è la mia esperienza fino a qui, è creare dentro noi stessi un nuovo spazio, una sorta di vuoto, di camera di gestazione in cui possa svilupparsi e nascere una nuova identità che corrisponda maggiormente a ciò che siamo realmente nel nucleo più profondo del nostro essere. Da questo spazio, indefinito ma colmo di potenziali, possiamo riuscire a osservare con distacco le nostre solite identità, i nostri vecchi “programmi” emozionali e comportamentali, senza pretendere di modificarli o migliorarli ma anche senza identificarci con essi, così da depotenziarli e poterli abbandonare nel momento in cui ci rendiamo conto che hanno fatto il loro tempo, che non sono più – o addirittura non sono mai stati − funzionali al nostro benessere e alla nostra migliore espressione di noi stessi. Non c’è giudizio in questo. Non si tratta di pentirsi dei propri errori o di cospargersi il capo di cenere per i comportamenti che abbiamo adottato nel passato. Si tratta di lasciar andare le esperienze e i modi di essere che non sono più compatibili col nuovo io che abbiamo deciso di diventare. La chiave qui, ripeto, è prima di tutto l’osservazione imparziale e distaccata di noi stessi. Già solo questo crea le condizioni per il cambiamento che desideriamo. La meditazione e il respiro consapevole – nelle loro varie tecniche e declinazioni – possono essere dei validi aiuti per questo processo.
Tutto questo può essere definito “estirpare le erbacce”.

Estirpare il prato precedente” non è certo più semplice. Nella mia metafora, il prato precedente corrisponde alle convinzioni e ai sistemi di credenza che abbiamo adottato nel passato e su cui abbiamo basato la nostra vita e le nostre scelte. Anche qui non si tratta di ammettere degli errori o giudicare negativamente ciò in cui abbiamo finora creduto. Si tratta di aggiornare o cambiare il sistema operativo, valutando con obbiettività e distacco l’effetto delle nostre credenze sulla nostra vita attuale. Ciò che è stato valido e utile nel passato può non esserlo più oggi, e andrebbe perciò abbandonato.
Nella mia vita ho già dovuto fare alcuni anni fa un’operazione radicale di questo genere. Quando avevo poco più di vent’anni infatti ho abbracciato il buddismo, nella forma insegnata da Nichiren, un monaco giapponese vissuto nel XIII secolo. Da allora per quasi trent’anni mi sono dedicato con grande impegno alla pratica quotidiana, basata sulla recitazione di un mantra, allo studio degli insegnamenti e alle attività connesse alla propagazione. Per tutti quegli anni la mia ricerca spirituale e la mia vita quotidiana erano interamente basate sull’insegnamento buddista. E devo dire, con rispetto e gratitudine, che la pratica buddista mi ha letteralmente salvato la vita e mi ha permesso di crescere e maturare come essere umano e come ricercatore spirituale. In particolare il buddismo mi ha insegnato e mi ha aiutato a sviluppare la compassione, unita all’apprezzamento e al rispetto per me stesso e per tutti gli altri esseri umani. Mi ha anche dato un mezzo molto efficace per affrontare costruttivamente e spesso in modo risolutivo i problemi e le sofferenze della mia vita.
Ma una decina d’anni fa, in concomitanza con l’inizio delle mie esplorazioni negli stati alternativi di coscienza e ai primi segni di quel risveglio che mi avrebbe portato ad entrare in contatto con gli arcangeli e con altri esseri interdimensionali, è cominciato un processo di riflessione e approfondimento che alla fine, in maniera naturale e senza traumi, mi ha spinto ad abbandonare la pratica buddista nel momento in cui mi sono reso conto che non era più adeguata alla nuova fase della mia ricerca spirituale in cui ero entrato, e rischiava per me di diventare una limitazione. Senza giudizio, senza rimpianti per i trent’anni di dedizione al buddismo, e senza pensare che la mia scelta dovesse essere condivisa da chiunque altro.
Adesso, la mia crisi di mezza estate mi costringe a rivedere e rimettere in discussione anche le nuove credenze e convinzioni che ho costruito in questi ultimi dieci anni, comprese le comunicazioni con gli arcangeli e compagnia cantante. Qualcosa resterà, qualcos’altro dovrà essere abbandonato. La cosa importante per me è preparare bene il terreno per l’imminente semina.

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