La notte oscura dell’anima

Eclissi di sole

La notte oscura dell’anima è un concetto presente nel misticismo cristiano fin dai tempi dei Padri della Chiesa, anche se sarà solo il mistico spagnolo Giovanni della Croce nel Cinquecento a definirlo più esattamente e a dargli più ampia risonanza e diffusione. Giovanni della Croce fa anche una distinzione tra “notte oscura dei sensi” che si presenta all’inizio del cammino dell’anima verso Dio, e “notte oscura dello spirito” che arriva invece nell’ultima parte del percorso, prima di poter arrivare all’unione completa con Dio.
Analoghi concetti si ritrovano anche in altre grandi tradizioni mistiche, benché con nomi e sfumature diverse.
In parole povere, la notte oscura dell’anima è un periodo più o meno lungo di grande scoraggiamento, sofferenza, sentimento di impotenza e di indegnità, e perdita di senso della vita che precede un profondo cambiamento nel percorso evolutivo della coscienza.
Molto facilmente può essere scambiata per una grave depressione e ne ricalca molti dei sintomi. Ma al contrario della depressione non è una malattia bensì una fase della guarigione spirituale.
Ne parlo ovviamente da profano che ha però sperimentato diverse volte entrambe le condizioni, che spesso si intersecano e coesistono.

Ho sofferto di depressione fin da bambino. La prima crisi in qualche modo ufficialmente riconosciuta la ebbi all’età di dodici anni, all’inizio della seconda media in seguito a un cambio di scuola (da me voluto e desiderato) e ai conseguenti problemi di adattamento a un nuovo ambiente. Allora non si parlava di depressione ma di “esaurimento”. Per fortuna allora avevo trovato conforto e sostegno da parte dei miei genitori e della mia nuova classe (insegnanti compresi) e nel giro di un paio di mesi mi ero ristabilito.
Ma la depressione ha accompagnato tutto il corso della mia vita, spesso con crisi gravi che contemplavano il desiderio di morte e i pensieri suicidari. Per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo spiegare ho sempre scartato l’idea di rivolgermi a uno specialista (tenete conto che parlo di anni in cui la cultura psicologica era poco diffusa) e ho affrontato la mia condizione grazie a una forte decisione interiore e al preziosissimo sostegno della pratica buddista che ho abbracciato dai 24 anni ai 50.
Le mie crisi depressive erano spesso scatenate dalle circostanze della mia vita, ma più profondamente si basavano su un sentimento di fondo che ha sempre fatto parte della mia vita, e che derivava anche da una mia vita precedente nella Germania nazista nella quale ero stato internato come ebreo e omosessuale nel lager di Dachau.
Grazie a una terapia regressiva intrapresa agli inizi del nuovo millennio sono riuscito a liberarmi quasi completamente di questa malattia (che ho sempre considerato una malattia prima di tutto spirituale), anche se quasi cinquant’anni vissuti in questo modo hanno inevitabilmente lasciato in me una tendenza, un habitus mentale che, per quanto in maniera estremamente attenuata, permane tuttora.
Racconto questo aspetto della mia vita (del quale ho già parlato ampiamente nei miei libri Il mio cuore è rimasto a Berlino, resoconto della mia terapia regressiva, e L’unione dei mondi, sui primi anni dei miei contatti con gli Arcangeli e altri esseri incorporei) per sottolineare che sono in grado di distinguere tra la depressione e la “notte oscura dell’anima”, per quanto, come ho detto, le due cose talvolta siano intrecciate. E il mio lungo addestramento a gestire e superare la depressione è stato ed è tuttora fondamentale per affrontare al meglio i periodi bui del mio cammino di risveglio spirituale.

Come ho accennato nel mio post precedente (2017 Addio!) fin dai primi mesi dell’anno scorso è iniziato per me un periodo di trasformazione radicale molto difficile – e ancora in corso − che ho paragonato al passare attraverso un tritacarne.
In questo periodo ci sono stati tanti momenti molto dolorosi e spesso i sintomi erano quelli di una depressione.
Che non si trattasse di depressione ma di una notte oscura dell’anima l’ho fortunatamente sempre capito soprattutto dal fatto che, per quanto pesante potesse essere il mio stato d’animo, nel profondo di me stesso ero sempre consapevole che si trattava di un “passaggio stretto” che ero obbligato ad attraversare per poter arrivare a una dimensione più vera ed elevata della mia coscienza. E nonostante tutto la percezione della mia multidimensionalità aumentava costantemente, insieme alla capacità di relazionarmi e comunicare con una più vasta serie di esseri di altre dimensioni, in primo luogo con i popoli delle stelle.
In alcuni momenti però il desiderio di lasciare il pianeta o addirittura di scomparire dall’universo (cosa, temo, impossibile!) è stato forte. E la vita perdeva completamente di senso. Ovviamente, pur cercando di abbandonarmi con fiducia al processo in atto, ho cercato anche di capire cosa mi stesse succedendo.
La cosa che più mi rendeva perplesso è che mai come in quest’ultimo anno i miei contatti con le mie varie guide incorporee e con le popolazioni stellari sono stati intensi e chiari, in particolare nel mio lavoro con le altre persone. Non ho mai smesso di percepire la loro presenza e in tante occasioni sono stato sostenuto, rassicurato e confortato. Ma ciononostante la mia condizione non cambiava, se non per alcune ore o alcuni giorni, e questo sostegno e conforto pareva non avere poi alcuna ricaduta concreta negli eventi della mia quotidianità.
La conclusione a cui sono arrivato è che il passaggio stretto che sto attraversando debba portarmi a un’unione più completa e a una comunicazione più diretta con la mia anima, affinché la sua presenza nella mia vita possa diventare sempre più pregnante ed efficace. E in questa unione ovviamente non possono esistere intermediari. Gli Arcangeli o i Maestri Ascesi possono aiutarci, sostenerci, spiegarci, ma alla fine siamo noi che dobbiamo risvegliarci da soli al nostro vero essere, al nostro pieno potere. In qualche modo, pur con altre parole e all’interno della visione cristiana, Giovanni della Croce dice qualcosa di simile, e proprio oggi, prima di accingermi a scrivere questo post, ho trovato una forte risonanza con questi concetti nell’ultima tavola rotonda con i Maestri Ascesi condotta da Emiliano Soldani, che ho avuto l’occasione di conoscere in un paio di occasioni e che stimo profondamente, pur nella diversità dei nostri percorsi (trovate il suo post a questo link: Tavola Rotonda del 31-01-2018).

Aggiungo anche che la notte oscura dell’anima non riguarda solo la mente e lo spirito ma anche il corpo. Anche il corpo deve attraversare questo passaggio stretto, per poter reggere le frequenze rarefatte delle dimensioni in cui stiamo entrando. E sono convinto che l’epidemia di influenza, quest’anno particolarmente estesa e per tanti che l’hanno avuta piuttosto devastante, faccia parte di questo processo a livello collettivo. Per quanto mi riguarda, io ormai da molti anni non mi prendevo l’influenza, se non in forma molto leggera. Per una decina d’anni avevo fatto il vaccino. Poi avevo sentito che il mio sistema immunitario si era rafforzato e per un’altra decina d’anni in effetti, pur senza fare il vaccino, non ho avuto più problemi. Quest’anno invece poco dopo le feste mi sono ammalato e l’influenza mi ha aiutato a toccare il punto più profondo della mia “notte oscura” prosciugando le mie forze fisiche e interiori. Ma per quanto a livello fisico abbia ancora alcuni strascichi, proprio da lì hanno iniziato a trasformarsi le mie energie e sta emergendo una nuova spinta verso il mio futuro.
E qua arrivo a un’ultima considerazione, sul senso della vita. Un aspetto comune a molte persone che hanno iniziato un percorso di risveglio – se non a tutte – è la perdita di interesse verso gran parte delle cose che per anni o per tutta la vita hanno costituito il centro della loro esistenza. Questo riguarda anche le relazioni, gli amori, le amicizie, che spesso svaniscono. Ed è difficile trovare qualcosa o qualcuno che possa prenderne il posto. I progetti, i desideri, le aspirazioni che ci hanno sempre motivato perdono di senso e di importanza. E spesso la vita stessa perde di senso.
Anche questo a mio parere fa parte di un processo di ricongiunzione con la propria anima, che ha una visione e una prospettiva molto diverse da quelle dell’identità umana. L’essere umano trova il senso della sua vita, e della vita in genere, proprio nei desideri e nelle aspirazioni, e nella progettualità necessaria per cercare di realizzarli. Un lavoro, l’amore, una famiglia, una causa. L’arte, la scienza, la conoscenza, lo sport. La guarigione da una malattia. O magari solo i soldi e il divertimento. Quando tutto questo, per un motivo o per l’altro, ci sembra irrealizzabile o semplicemente perde d’importanza, la nostra vita diventa priva di senso. E l’unica via d’uscita ci sembra essere quella di trovare nuovi progetti, nuovi desideri che siano verosimilmente realizzabili. Spesso però nulla davvero sembra valere la pena di essere perseguito.
Ma per l’anima in realtà l’unico senso è essere. Così quando si va avanti nel cammino del risveglio si comprende che l’unica cosa che conta realmente sono le nostre frequenze energetiche. Quando le frequenze sono elevate e noi siamo connessi alla nostra anima, la vita ha un senso in sé stessa, per il solo fatto di essere, a prescindere da tutto. L’anima vede gli eventi e le circostanze del proprio aspetto umano da una prospettiva più ampia, con il giusto distacco. È anche consapevole che contemporaneamente sta vivendo in tanti corpi, in tante identità, in tante dimensioni. E da questo livello della propria coscienza si può partecipare al gioco del pianeta con più leggerezza ed entusiasmo. Si possono fare progetti senza attaccamenti. E la vita migliora.
In ultimo, preciso che questo post e in generale tutto il mio blog non cercano di esporre “verità” ma solo di offrire i miei punti di vista e le mie esperienze col desiderio che possano essere utili ad altri esploratori della coscienza come me.

4 Risposte a “La notte oscura dell’anima”

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