Alberi custodi

La prima domenica d’agosto doveva essere una giornata di assoluto relax.
Il giorno prima avevo trascorso una giornata al mare — la prima per me in questa strana estate — nello splendido mare di Bacu Mandara. La spiaggia era inevitabilmente affollata, ma stranamente non c’era un chiasso fastidioso come talvolta accade nelle spiagge affollate. Si sentiva una sorta di mormorio di sottofondo, e guardandomi in giro sono rimasto colpito dal fatto che si vedevano solo volti rilassati e sorridenti. Crogiolandomi in quel mare verde e cristallino ho avuto perciò la netta impressione che il mare stesse abbracciando amorevolmente  tutte quelle persone e le stesse aiutando a ripulirsi dalle sofferenze e dalle preoccupazioni quotidiane, donando serenità e un po’ di spensieratezza.
A un certo punto, mentre ero seduto sotto l’ombrellone lasciandomi inondare dalla luce e dal calore del sole, ho avuto una sorta di visione, che non era una visione. Era una donna reale, una donna africana armoniosamente grassa che mi ha fatto immediatamente pensare alle innumerevoli statuette dedicate alla Dea Madre che sono state ritrovate in tutta l’area del mediterraneo, Sardegna compresa. Indossava un semplice ma elegante vestito verde e bianco che risaltava con la sua pelle color cioccolato. Con una sacca sulle sue spalle trasportava un bambino di forse due o tre anni. Stava andando in giro tra la gente per cercare di farsi qualche soldo vendendo qualcosa, ma emanava un’energia e una dignità che mi hanno profondamente colpito. Davvero sembrava di essere di fronte a una manifestazione della Grande Madre. Mama Africa.
Di pomeriggio poi ero stato un paio d’ore a casa di mia cugina in campagna, a San Gregorio, a una trentina di chilometri da Cagliari, un luogo incantevole e terapeutico. La sera ero cotto (le prime giornate di mare mi fanno quest’effetto) e perciò avevo deciso che la domenica l’avrei trascorsa in casa a non far niente, leggere, meditare, magari completare la miniserie sull’abbondanza per il blog. Ma purtroppo mi ero accorto in ritardo che il cibo per il gatto stava finendo, e mi era rimasta solo una scatoletta per la colazione. Non potendo lasciarlo digiuno fino al giorno dopo, verso le undici di domenica mattina sono uscito per andare alla città mercato. A cinque minuti da casa c’è una stazione della metro che porta poi proprio davanti alla città mercato. Non una gran fatica, dunque, ma il sole era rovente. Il quartiere dove abito era deserto. C’era un’atmosfera particolare, come se ci fosse stato un piccolo spostamento dimensionale. Io mi sentivo perfettamente centrato e padrone di me stesso. Arrivato alla fermata della metro lessi sul tabellone che avrei dovuto aspettare un quarto d’ora. Neanche tanto per una domenica estiva. La pensilina della fermata non riusciva a fare ombra, perciò dopo alcuni minuti sotto il sole rovente mi venne l’idea di aspettare sotto un albero. Dietro la pensilina scorre una strada alberata, perciò mi avvicinai agli alberi, ne scelsi uno lasciandomi guidare dall’istinto e mi rifugiai sotto la sua ombra. Istintivamente mi venne da abbracciare l’albero per sentirlo meglio. Mi sentivo molto grato della sua presenza e dell’ombra che mi stava donando, e fu naturale a quel punto iniziare un dialogo con l’albero.

Noi siamo i custodi della città, mi disse. Sei fortunato a vivere in una città con tanti alberi.
Aveva ragione, Cagliari ha tantissimi alberi. Ci sono molte strade alberate, piccoli parchi di ville private o istituzionali. Ci sono gli alberi dello splendido orto botanico, purtroppo attualmente lasciato in uno stato di diffusa incuria. E poi ci sono i parchi cittadini, Monte Claro, San Michele, Monte Urpinu — su tre dei colli su cui si erge la città — e Terra Maini, attraversato dall’omonimo canale, nei pressi di casa mia. Ci sono anche degli alberi secolari, come quelli, magici e strani, dei Giardini pubblici. In diverse vie della città ci sono le jacaranda, coi loro splendidi fiori viola che ricoprono le strade di un tappeto di questo colore.
La mia visione interiore si allargò ad abbracciare tutta la città e a percepire l’aiuto amorevole che gli alberi le stanno dando.
Ovviamente gli alberi cittadini hanno un diverso collegamento con la terra rispetto a quelli che vivono nei luoghi naturali, mi spiegò l’albero a cui ero abbracciato. E le energie cittadine sono spesso molto pesanti, anche a causa dei ritmi di vita e dello stress che chi vive in una città deve sopportare. Gli alberi aiutano a tenere l’ambiente energetico più pulito possibile, e possono dare anche un aiuto individuale se in qualche modo gli viene chiesto.
Mi resi conto solo in quel momento che da moltissimi secoli tantissimi alberi si erano assunti il compito di proteggere Cagliari. E pensai per l’ennesima volta alla mia fortuna di vivere in una città circondata dalla natura, con il mare di fronte, uno stagno dove nidificano i fenicotteri, sei o sette colli naturali che si fronteggiano da un quartiere all’altro della città, da dove è possibile osservare dei tramonti fiabeschi.
Gli alberi facevano parte di tutto questo. Gli alberi custodi.
La metro finalmente arrivò. Ringraziai l’albero per quello che mi aveva trasmesso. Mi sentivo carico di energia e continuai la mia giornata che, contro le mie iniziali previsioni, fu una giornata di intensa e piacevole attività.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.